Per tutti i milanesi nati a fine anni 70, ogni concerto dei Melvins è un modo per riparare a una storica distrazione. Avremmo potuto vederli al loro apice, ma non ce li siamo cacati. Era il ‘94, in un Palatrussardi stra-pieno: agli occhi di noi teenager, King Buzzo sembrava un ciccione capellone qualunque e i Melvins erano solo la spalla dei Nirvana. Vent’anni dopo: Cobain è morto, Novoselic veste cravatte e Grohl ha fatto overdose di chewing-gum. I Melvins, invece, sono ancora lì a menare resistenti al tempo che passa, tra concerti fulminanti e dischi discutibili (l’ultimo, “Everybody Loves Sausages”). Per la fortuna nostra e dei teenager di oggi.
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